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Hotel Rosanna Jesolo

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L’hotel Rosanna di Jesolo sorge nel settimo accesso al mare di Via Dante Alighieri, una via che la città di Jesolo ha voluto dedicare al Sommo Poeta. A pochi passi dalla spiaggia del litorale, con i suoi sette piani, il Rosanna si affaccia sul profondo blu dell’adriatico e offre ai suoi ospiti una vista mozzafiato sulla bellissima ed affollata spiaggia del litorale Veneto. Costruito negl’anni cinquanta l’hotel viene acquistato dal Signor Augusto Pecoraro nel 1984.  Nel 1994 la gestione passa nelle mani della figlia Anna che traghetta l’attività di famiglia verso il nuovo millennio. Nel 2001 Il Rosanna subisce una drastica rivoluzione. Il vecchio edificio viene abbattuto e si edifica una struttura completamente nuova e all’avanguardia. A distanza di trent’anni dal suo inizio, la storia dell’Hotel Rosanna vede ancora protagonista la Signora Anna che sapientemente, stagione dopo stagione, accoglie i suoi ospiti offrendo loro le migliori condizioni per un soggiorno indimenticabile nella città di Jesolo.

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Intervista a Chef Matteo Padoan

Intervista a Chef Matteo Padoan – collaboratore di EtichettaVeneta.com

Nato a Treviso, Chef Matteo “Teo” Padoan e’ un cuoco intagliatore riconosciuto a livello nazionale ed internazionale. Membro dell’Associazione F.I.C. (Federazione Italiana Cuochi ), capitano della squadra intagliatori della provincia di Treviso, Chef Matteo raggiunge più volte i vertici mondiali nelle competizioni artistiche culinarie. Nel 2016 partecipa alle olimpiadi della cucina (carving art) a Erfurt in Germania, conquistando la medaglia di bronzo dopo una sfida che ha visto contendersi l’oro più di 170 Paesi con 4000 partecipanti provenienti da tutto il mondo. Nel 2017 si aggiudica l’oro ai campionati Italiani di Rimini.  Nel febbraio del 2018 conta due medaglie sempre nei campionati nazionali. Argento nella categoria “Opere Pronte”, (dove l’opera viene realizzata antecedente l’evento), e medaglia di bronzo nella gara “Live” ( dove la creazione viene effettuata in loco ). Nell’ottobre dello stesso anno gareggia nei campionati mondiali in Lussemburgo conquistando due argenti nelle categorie Opere Pronte e Live, ed infine, una medaglia di bronzo in “Intaglio vegetali pronti” (disciplina che prevede l’intaglio di vegetali già preparati in precedenza). Risultati che lo portano tra i primi dieci intagliatori al mondo. Dopo un periodo professionale nella sua città natale, Chef Teo si sposta nella riviera Romagnola dove presta servizio per i migliori ristoranti e alberghi del litorale, conquistando occhi e palati presentando i suoi piatti e le sue creazioni artistiche. Oggi gestisce con successo le cucine di un noto albergo di Jesolo alternando il lavoro ai fornelli con gli impegni agonistici.

Chef Matteo grazie per aver accettato di incontrarci e per concederci questa intervista. Come sa noi di Etichetta Veneta siamo costantemente alla ricerca dei grandi professionisti del nostro territorio per raccontare le loro storie personali, lavorative e il percorso che li ha portati a raggiungere il successo. Vogliamo condividere questi racconti perché possano essere di ispirazione per quanti vogliano intraprendere una carriera imprenditoriale e professionale.

Preferisce Chef Matteo o Teo?

Matteo

Chi è Chef Matteo Padoan?

Matteo è un uomo nato a Quinto di Treviso 43 anni fa. Figlio di mamma Elsa, di papà Gelindo e fratello di Luana. Oggi felicemente fidanzato con Valentina. Sono una persona molto semplice, umile, e che non ama particolarmente i riflettori. Svolgo con impegno e passione il mio lavoro e mi ritengo abbastanza fortunato dal punto di vista professionale e personale.

Quando nasce la Sua passione per la cucina?

Posso dire che ho questa passione fin da quando ero bambino. Ricordo con nostalgia i meravigliosi momenti passati in cucina ad aiutare nonna Ines e mamma Elsa. Se ripenso a quei momenti riaffiorano profumi, suoni e sensazioni che non si possono dimenticare. Sento ancora le voci di mamma e nonna, indaffarate nella piccola cucina di Badoere, in provincia di Treviso. Rivedo le grandi e ruvide mani di nonna Ines che con pazienza e perizia impastava la farina per fare i crostoli nel periodo di carnevale. Già da bambino avevo tanta voglia di imparare e mi dilettavo nell’aiutare la nonna preparando le uova per il suo impareggiabile Tiramisù.

Successivamente mio padre Gelindo, dopo una carriera nell’edilizia, rileva un laghetto di pesca sportiva a Quinto di Treviso. Negl’anni papà decide di aumentare l’offerta per i nostri clienti realizzando un vero e proprio ristorante “Il Mali Club”, aperto a tutte le ore. Per la mia famiglia è un periodo fortunato e ricco di soddisfazioni, e per me, ovviamente, un campo di addestramento e formazione. Come vede sono praticamente cresciuto tra i fornelli e con me la mia passione per la cucina. Una passione ancora giovane, dinamica e viva.

Custodisce ancora la ricetta del tiramisù di nonna Ines?

Si certamente e la uso anche.

Ci svela qualche segreto?

Nooooo !!!!!!!

Ci racconta il Suo percorso di studio per diventare cuoco?

Dopo le scuole dell’obbligo ho frequentato l’istituto alberghiero di Treviso. A quei tempi la scuola era ancora intitolata all’attore e gastronomo italiano Giuseppe Maffioli (Padova, 28 aprile 1925 – Treviso, 3 giugno 1985 ), al quale si deve la paternità trevigiana del Radicchio Rosso di Treviso e la prima identificazione storica del nostro dolce per eccellenza : il Tiramisù. Maffioli attraverso le pagine della sua rivista trimestrale “Vin Veneto”, attribuiva la nascita del Tiramisù ad una ricetta preparata dal cuoco, Roberto Linguanotto, presso il ristorante “Alle Beccherie” di Treviso. Oggi l’istituto è intitolato al giornalista ed esperto di enogastronomia Massimo Alberini (Padova,11 aprile 1909 – Venezia, 4 maggio 2000 ). Ho frequentato per cinque anni dal 1992 al 1997, conseguendo la qualifica nei primi tre anni e il diploma nei successivi due. Ricordo che nel 1992 era in atto un progetto che si chiamava appunto “progetto 92”, una svolta rispetto ai corsi precedenti in quanto alla pratica si aggiungeva una parte teorica sempre più ampia e impegnativa, con lo studio delle lingue straniere e della cucina internazionale.

Più volte ai vertici delle competizioni internazionali, tra i primi dieci intagliatori al mondo. Quando ha capito che nascondeva dentro di se questo grande talento?

Mossi i miei primi passi verso il Food Art nel periodo riminese. Nel 2004 lavoravo presso un noto albergo di Rimini e decisi di partecipare ad un corso promosso dalla “Accademia Maestri Pasticceri Italiani” e sponsorizzato dalla Fugar: azienda leader nella produzione di ingredienti per gelaterie e pasticcerie. La tecnica dell’intaglio mi affascinò fin da subito e nei successivi dodici anni coltivai questa mia passione cercando di migliorarmi sempre di più. Nel 2016, il compianto Orazio Messina, titolare de “Le Golosità” di Bassano del Grappa mi contattò per propormi di entrare a far parte del suo gruppo di Food Art. Ebbi quindi l’occasione di sperimentare ed apprendere nuove tecniche di lavorazione con nuove materie prime come zucchero tirato, zucchero soffiato, margarina, marzapane, e molte altre. Fu un’esperienza meravigliosa che porterò sempre con me assieme al ricordo del caro Orazio.

Nel 2019 vengo contattato dal Presidente provinciale dell’associazione Assocuochi di Treviso Alcide Candiotto che mi propone di entrare nel team intagliatori e di prenderne le redini come capitano. Accetto, e inizia così una nuova avventura tra competizioni e manifestazioni.

Chef Matteo Padoan con Orazio Messina
Non si sente molto parlare di questi eventi. Non le sembra strano oggi che la cucina e’ diventata, sotto alcuni aspetti, show business?

Non possiamo paragonare le nostre competizioni artistiche con l’immagine che oggi si ha della cucina e della nostra professione. Certo soffriamo una carenza mediatica, ma l’impegno e la professionalità di cui sono stato testimone in questi anni, non hanno nulla da invidiare ai tanti reality che oggi perversano nei canali televisivi ed entrano nelle nostre case. Come tanti miei colleghi vorrei che quest’ arte, in tutte le sue sfaccettature, potesse trovare maggior riscontro mediatico. Spetta a noi che ne siamo i protagonisti impegnarci in futuro in questa direzione.

Cosa pensa della spettacolarità che ha raggiunto oggi il fare cucina?

Non mi dispiace che la nostra professione e il fare cucina siano diventati cosi attuali oggi, e che riscontrino un forte seguito in termini di ascolti. Assistiamo al moltiplicarsi in modo vertiginoso di tante trasmissioni televisive, e non solo, che parlano di cucina. Sono nati migliaia di canali digitali che raccontano il Food made in Italy. Ricette, tradizioni e peculiarità, caratteristiche che solo il nostro Paese può vantare e che non trovano eguali nel mondo. Tuttavia vorrei mettere in guardia i tanti giovani che vedono in questo mestiere il proprio futuro lavorativo, magari attratti dalla spettacolarità che ha raggiunto in questi anni. Il lavoro del cuoco va ben oltre quello che vediamo in televisione. Essere Chef e gestire una cucina, comporta una visione molto più ampia che non si ferma ai soli fornelli. Forniture, prodotti, collaboratori, sono solo alcuni degli innumerevoli impegni che uno Chef affronta quotidianamente. Nei Reality Show i protagonisti sono cuochi e piatti: che devono soddisfare i palati e i giudizi di Chef affermati e stellati. Ma non dimentichiamo che nella vera realtà lavorativa, in ogni piccolo o grande ristorante, gli unici giudici che incontrerete saranno i vostri clienti. Coloro i quali inflessibilmente valuteranno il vostro operato e determineranno il vostro successo o il vostro fallimento.

Qual è il segreto di Chef Matteo e del suo successo in abito lavorativo e competitivo?

Non esiste un segreto per riuscire nel proprio mestiere o nella passione che decidiamo di seguire. Senza apparire retorico posso solo dire che impegno, dedizione e fatica sono fondamentali per il successo in ogni campo dove si opera. Non pensare mai di essere arrivati. Studiare, aggiornarsi e confrontarsi con i colleghi. Provare, sbagliare e riprovare. Oggi disponiamo di mezzi tecnologici che ci permettono di aprire una finestra sul mondo con un semplice clic. Dobbiamo approfittare di questa opportunità e coglierne gli aspetti migliori.

Ha mai pensato di lavorare all’estero dove i cuochi italiani sono molto richiesti?

Sinceramente no. Amo il mio Paese e voglio continuare a lavorare in Italia.

Non ci sono dubbi che la cucina italiana sia la cucina più diffusa e apprezzata nel mondo, ma ricordiamoci che per quanti sforzi si possano fare non sarà mai come cucinare qui in casa nostra. Le materie prime sono fondamentali per la riuscita di un buon piatto italiano e spesso i nostri connazionali all’estero sono costretti ad adeguarsi alle esigenze e ai gusti dei locali distorcendo, quindi, alcune delle regole fondamentali che contraddistinguono le nostre migliori ricette.

Purtroppo nelle nostre cucine nazionali si vedono sempre meno giovani cuochi italiani. Quali sono, secondo Lei, le ragioni di queste “fughe di talenti”?

Indubbiamente il fattore scatenante è sempre quello economico. Gli imprenditori del settore si trovano costretti ad affrontare un costo del lavoro che non vuole diminuire e di conseguenza non possono offrire il giusto compenso che un giovane talento meriterebbe. Si ripiega quindi su manodopera spesso straniera, o comunque priva delle competenze che un percorso di studio adeguato può offrire. Un tentativo legittimo per limitare i costi e per poter continuare ad operare. Fuori Italia invece, dopo la giusta gavetta, i nostri ragazzi sono particolarmente apprezzati e, se sufficientemente preparati, possono raggiungere risultati professionali ed economici di tutto rispetto.

Lei ha gestito e gestisce cucine che richiedono molto personale. Come si rapporta con i suoi collaboratori?

Il rispetto reciproco è fondamentale. Bisogna essere camaleontici: ovvero sapersi adeguare alle situazioni e alle persone. Una buona dose di empatia risulta fondamentale. Si deve saper essere inamovibili e severi quando necessario e allo stesso tempo costruire un rapporto di fiducia e amicizia.

Rinunce, sacrifici, ostacoli.

Il nostro lavoro comporta rinunce e sacrifici, come molti atri mestieri. Lavorare nella ristorazione, ovviamente, significa rinunciare ad orari “normali”, non avere week end liberi, turni a volte massacranti e molto altro […]. Ma tutto si affronta quando prevale l’amore e la passione per ciò che si fa. Ostacoli purtroppo ce ne sono stati e ce ne saranno in futuro, ma ci si oppone con spirito positivo contando su noi stessi e su chi ci sta vicino.

Quali sono, o qual è il piatto forte di Chef Matteo?

Sinceramente non ho un piatto preferito. Mi piace diversificare la mia cucina ricercando e provando sempre cose nuove. Ma se dovessi proprio dare una risposta direi che risotti e dolci sono una mia piccola passione. In questo periodo grazie ai prodotti naturali e biologici che produce la mia fidanzata Valentina Tescari nella sua azienda agricola di Vitorchiano, un piccolo borgo in provincia di Viterbo, sto riscoprendo l’uso di spezie come zafferano, finocchietto, lavanda, fiori di tagete, petali di rose e molte altre che abbino ai miei risotti e ai piatti tipici della tradizione veneta.

I Suoi prossimi impegni agonistici?

Aspettiamo il 2022 per i campionati Italiani e per i mondiali che si terranno in Lussemburgo.

Chef Matteo, perché ha scelto di aderire ad Etichetta Veneta?

Mi piace il Vostro progetto basato sul racconto delle persone e delle loro storie e non semplicemente del prodotto finito. Viviamo un’epoca straordinaria dove però la velocità delle nuove tecnologie ha indubbiamente sottratto uno spazio importante al rapporto umano. Condivido con Voi l’idea di ricerca e di comunicazione e spero di poter dare anche un mio piccolo contributo in futuro.

Quali consigli si sente di dare ai giovani che vogliono intraprendere la sua stessa carriera?

Credete in voi stessi, non fermatevi mai, ma soprattutto non adeguatevi alle leggi del mercato. Chiedete il giusto riconoscimento se lo meritate. Passione, dedizione e studio sono le vostre armi migliori, usatele e troverete la via giusta verso il successo.

Intervista di Abiti Luciano

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Intervista a Giuseppe Borin

Intervista a Giuseppe Borin – Internet Caffè – Santa Bona – Treviso

Giuseppe Borin titolare, assieme alla moglie Antonella Cestaro, dello storico Bar – con cucina casareccia –  ” Internet Caffè “.  Ormai diventato una istituzione, il locale del Sig. Borin si trova nel quartiere di Santa Bona, nella prima periferia del Comune di Treviso.

Signor Borin grazie per averci accolto nel suo locale e per la sua disponibilità. Vogliamo iniziare con la domanda che più raccoglie il senso del nostro viaggio alla ricerca dei protagonisti della vita professionale del nostro territorio.  Semplice e diretta. 

Chi è Giuseppe Borin?

“Chi è Giuseppe Borin? Bella domanda! Be! Oggi Giuseppe Borin è un uomo sposato con Antonella e padre di Davide. Ieri Giuseppe Borin era un ragazzo che dopo il suo percorso di studio secondario decide di non proseguire, per dedicarsi anima e corpo all’attività di famiglia. E’ stata una scelta ponderata e mi ritengo un uomo fortunato perché ho potuto scegliere. Oggi molti ragazzi non hanno questa possibilità. In quegl’anni ha prevalso la foga, l’ardore che muove i giovani alla ricerca di slanci verso il proprio futuro.”

Da quanti anni gestisce la sua attività?

“Ho iniziato la gestione del locale il primo Gennaio del 1978.  Siamo nel 2021, quindi se la matematica non mi inganna sono circa la bellezza di 43 anni.”

La sua è una attività di famiglia iniziata da suo Padre e poi passata a Lei. Ricorda quel periodo?

“Mio Padre Primo Borin aprì il bar nel 1957. Ricordo molto bene quel periodo della mia vita. Dopo la scuola veniva il lavoro. Erano anni difficili con, evidentemente, altre circostanze rispetto ai giorni nostri. Ma l’aiuto nella gestione da parte di tutta la famiglia era fondamentale. Avevamo il gioco delle bocce e della Borella: quel gioco tradizionale praticato dai contadini Veneti e diffuso nella Marca Trevigiana, prima, e poi in altre province come Venezia e Padova. Un antico gioco risalente, secondo alcune testimonianze, addirittura al 1500. Era molto semplice: si usavano delle bocce di legno di acero campestre, chiamate “opio”, le quali venivano lanciate dai giocatori con l’intento di colpire al volo i tre birilli, detti “soni”, di altezza di circa 70cm posti in fila indiana alla fine della pista di lancio. Erano giochi che coinvolgevano tantissime persone del quartiere e il nostro aiuto era più che apprezzato da Mamma e Papà. Ricordo le corse per “portar ombre, pan e soppressa” e quella gioia, quel sentirsi utili, che solo da ragazzi si apprezza veramente.”

Come è stato per Lei crescere in questo ambiente?

“La nostra attività non si è mai spostata dal quartiere. Quindi crescere in questo ambiente a quel tempo, essere figlio dell’Oste, significava un po’ essere il figlio di tutti. Ricordo molto bene i volti delle tante persone che hanno frequentato il nostro locale. Da ragazzo sembravano tutti così imponenti, maturi, uomini di uno stampo oggi ormai scomparso. Molti di loro se ne sono andati; portandosi dietro un pezzettino della nostra storia.”

Sono passati tanti anni da allora e il suo locale è ancora qua nello stesso punto, nel medesimo quartiere dove aprì suo Padre. Come si riesce ad adeguarsi ai cambiamenti generazionali e alle nuove sfide, restando sempre competitivi nel mercato?

“Nel 1984 abbiamo ristrutturato completamente il locale, puntando su un nuovo design. Lasciato lo stile “Bar-osteria” abbiamo puntato su di un arredo più ricercato che soddisfacesse le esigenze dei tempi e dei clienti. E’ stato un percorso condiviso, difficile ma apprezzato. Certo non posso negare che i cambiamenti, spesso, non sono accettati da tutti. Ma se si vuole restare aggiornati e competitivi nel mercato non si deve mai smettere di rinnovarsi, seguire le tendenze del presente e fornire un servizio di alta qualità. A quel tempo avevamo inserito anche la gelateria artigianale. Avevo imparato a fare gelato dal Maestro Guido Franchin della gelateria Tropicana molto conosciuto in città. Una persona straordinaria dalla quale ho appreso moltissimo e che mi ha regalato segreti che ancora costudisco gelosamente. Con il passare degl’anni abbiamo abbandonato la produzione del gelato concentrandoci su altre offerte. Cicchetti (che già ai tempi di mio Padre erano una realtà consolidata nel Trevigiano), “masanete”, “peoci”, “sardee in saor”, “capelonghe”, “vongoe”, “trippe”, “musetto col cren”, ecc. erano e sono tutt’ora una parte fondamentale del nostro menù.”

Lei gestisce la sua attività assieme a sua moglie Antonella. Quanto importante è la famiglia in questa professione?

“Per noi che siamo un locale a conduzione famigliare, indubbiamente l’apporto e l’aiuto reciproco sono fondamentali. Mia moglie Antonella è da sempre la spalla dove trovo appoggio sicuro. La colonna portante della nostra attività. Gestire un’impresa come la nostra che dura da molti anni, comporta l’affrontare sfide quotidiane, sacrifici, privazioni e fatiche. Nulla sarebbe stato possibile senza il supporto di mia moglie Antonella. Per un periodo ho avuto al mio fianco Davide: mio figlio. Poi Davide ha scelto di intraprendere la sua strada verso nuovi progetti e nuovi confini. Oggi è uno Chef affermato che lavora in una grande metropoli del sudest asiatico.”

Si sente fiero di lui?

“Certamente sono molto fiero di lui. Davide ha iniziato qui in Italia la sua carriera lavorativa. Dopo gli studi sono iniziate alcune importanti collaborazioni locali. Solo per citarne una il ristorante “Le Querce” di Merlengo di Treviso. Esperienza che a Davide ha insegnato molto e che lui porta nel cuore. Dopo qualche anno Davide ha deciso di inseguire i suoi sogni ed è partito per Dubai dove ha prestato servizio nei migliori ristoranti della città. Oggi vive e lavora stabilmente ad Hong Kong dove collabora nella gestione e nell’offerta di una importante catena di ristorazione mondiale.”

Le manca suo figlio?

“Sia io che mia moglie Antonella non ci siamo mai opposti alle scelte di nostro figlio. Anzi direi che siamo stati noi per primi a spronarlo perché seguisse i suoi sogni e le sue idee. Certo che ci manca Davide, ci manca moltissimo. Ma allo stesso tempo siamo molto felici per lui. Davide ha trovato la sua stabilità e con essa anche l’amore. E’ sposato con Giada ed entrambi lavorano nella stessa città”.

Ritorniamo a Lei Sig. Borin. Ci sono stati momenti duri nella sua carriera?

“Fortunatamente non ho avuto momenti particolarmente difficili da affrontare. Qualche sfida è stata dura: come ad esempio adeguarsi ai cambi generazionali, dove inevitabilmente qualcuno si allontana e preferisce altre strade. Sono vicende comuni per chi gestisce il nostro tipo di attività. Forse meno sentite in locali centrali o in zone di passaggio. Più avvertite, invece, in zone periferiche come la nostra dove il cliente abituale diventa parte integrante della tua vita lavorativa e a volte anche affettiva.”

Ha mai pensato di mollare?

“Sinceramente no. Anche se con l’età che avanza qualche pensierino non posso negarlo.”

Ci descrive una sua giornata tipo?

 “La mia giornata inizia al mattino. Antonella gestisce il bar e io inizio la mia corsa contro il tempo. Spese, forniture, ricerca dei prodotti freschi, pagamenti, ecc. tutti impegni che si hanno nella nostra professione. Confesso che mi piace passare qualche momento in centro a Treviso, precisamente nell’Isola della Pescheria. Un luogo meraviglioso della nostra città dove tutte le mattine puoi trovare il miglior pesce fresco assaporando la bellezza e genuinità delle chiacchere di città.”

Tutti la conoscono come “Bepi”. Che cucina propone lo chef Bepi?

“Proponiamo una cucina casereccia ed espressa (fatta tutta al momento), semplice ma curata in ogni suo piccolo dettaglio. Oltre le cicchetterie di cui Le parlavo prima, proponiamo anche una cucina a base di pesce; paste con diversi condimenti ed inoltre stiamo riscontrando un discreto successo offrendo ai nostri clienti lo spiedo in spada.”

Si stente di dare qualche consiglio ai giovani che vogliono intraprendere questa attività?

“Coraggio!! Coraggio!! Coraggio!!  Scherzi a parte quello che mi sento di dire è che se avete dentro lo spirito giusto non lasciatevi intimidire dalle difficoltà tutto si può superare. Studio, applicazione e umiltà sono caratteristiche fondamentali per affrontare questo mestiere, che se fatto con passione e amore, può regalare straordinarie soddisfazioni.”

Leggi la presentazione dell’Internet Caffè

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